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I raggi X e la scoperta della radioattività

I FATTI

1895: Bequerel,  servendosi degli apparati strumentali e dei dati già ottenuti da W. Crookes e H.R. Hertz, pubblicò un memoriale nel quale esponeva le proprie osservazioni in riferimento a un agente rispetto al quale «tutti i corpi risultano trasparenti»: i raggi X.

Una serie di condizioni favorevoli, gli permette di scoprire che i sali di uranio erano in grado di emettere raggi, diversi dai raggi X ( lastre fotografiche a contatto dei sali erano fortemente impressionate anche se non sottoposte a radiazione solare). Furono chiamati "raggi Bequerel"

1898: i coniugi Curiè pubblicarono un lavoro in cui era evidente che certi minerali contenenti uranio e torio emettevano “raggi Becquerel” d’intensità assai maggiore di quella relativa ai raggi emessi dall’uranio e dal torio.

Sorgeva in tal modo l’ipotesi che, tali minerali, contenessero una “qualche altra sostanza molto attiva”, e si giungeva alla scoperta di due nuove sostanze “radioattive”: polonio e radio. 

Alla fine dell'800 si conosceva chi emetteva "raggi Bequerel" , cosa producevano ma non perchè  si producevano.

 I “raggi Becquerel”, oltre a ionizzare l’aria, eccitare i fenomeni di fluorescenza e attraversare quasi tutte le sostanze, erano in grado di arrecare danni di differente entità alle cellule dei tessuti animali e vegetali. 

Dacadimento alfa, beta, gamma

Non tutti gli atomi sono stabili, destinati a rimanere per sempre immutabili. Quelli più pesanti – cioè con il peso atomico più grande –, per i quali il nucleo è composto da molti protoni, sono radioattivi e possono disgregarsi emettendo particelle subatomiche o radiazione elettromagnetica (radioattività naturale).

I protoni che si trovano nel nucleo dell’atomo, infatti, sono tutti dotati di carica positiva e tendono a respingersi. All’aumentare del loro numero, quando le forze nucleari non riescono più a compensare la repulsione elettrica, il nucleo si suddivide in due frammenti: una particella che può essere di due tipi, α (alfa) o β (beta), e la parte residua dell’atomo; il tutto è accompagnato in genere dall’emissione di radiazioni elettromagnetiche γ (gamma). Ciascuno dei principali decadimenti (α, β, γ) ha caratteristiche diverse: tuttavia per ogni decadimento vale il principio che il numero di protoni e neutroni e la carica totale si conservano.

Dopo la scoperta per caso di Bequerel e il lavoro certosino di Marie Curie, iniziarono ricerche approfondite sulla natura della radioattività.

Il Cavendish laboratory di Cambridge, in Inghilterra, fu uno dei centri dove si svolsero le prime importanti ricerche sulla radioattività. Il fisico Joseph John Thomson, diventato famoso per i suoi studi sull’elettrone, qui si occupò anche del potere ionizzante delle radiazioni legate ai fenomeni radioattivi.

Sempre al Cavendish lavorò il fisico neozelandese Ernst Rutherford, interessato a capire la natura di quelli che allora erano chiamati i raggi Becquerel. Nel 1899 Rutherford individuò due tipi di radiazioni contraddistinte da un diverso potere penetrante. Chiamò radiazione α quella più facile da schermare e β quella più intensa, con potere penetrante circa cento volte superiore. Alle radiazioni scoperte da Rutherford si aggiunse poi la radiazione γ, molto simile ai raggi X, individuata dal francese Villard durante esperimenti sui preparati radioattivi sottoposti a campi elettrici e magnetici.

Le particelle emesse durante il decadimento α sono nuclei di elio formati da due protoni e due neutroni.

Il nucleo prodotto dal decadimento ha così due protoni in meno rispetto a quello di partenza e il suo numero di massa (la somma dei protoni e neutroni da cui è formato) è più piccolo in totale di quattro unità. Il decadimento a si riscontra nei nuclei molto pesanti – quelli di elementi come uranio, radio, torio – che hanno più protoni del bismuto (in tutto 83), l’elemento stabile più pesante.

Ci sono poi isotopi nei quali il numero d neuroni è superiore al numero di protoni. I nuclei di questi atomi sono resi instabili dall’eccessivo squilibrio tra neutroni e protoni e, quindi, decadono emettendo un elettrone (decadimento β-) oppure un positrone (decadimento β+), una particella con le stesse caratteristiche dell’elettrone ma con carica positiva.

Si scoprì, infatti, che:

"il neutrone si può trasformare spontaneamente in un protone emettendo un elettrone, rispettando la legge di conservazione  della carica elettrica  :

n = p+ + e-

Esisteva, però un aspetto sconcertante nel decadimento: elettrone e protone emergevano con energia inferiore a quella aspettata. L’energia si conserva, ma si può trasformare tra varie forme: potenziale  , cinetica , chimica, calore. A queste possibilità, Einstein  aveva aggiunto quella di convertire energia in massa e viceversa secondo la relazione E = mc2.

Il neutrone ha una massa leggermente superiore a quella del protone. 

Questa energia in eccesso che avrebbe dovuto manifestarsi in energia cinetica di protone ed elettrone, sembrava invece scomparire nel nulla. Ad accentuare il mistero, c’era l’evidenza che nemmeno le quantità di moto  del protone e dell’elettrone emergenti dal decadimento si sommavano in modo corretto. Il principio di conservazione della quantità di moto predice infatti che se un neutrone si dividesse in due particelle, queste dovrebbero viaggiare in direzioni opposte lungo la stessa retta. Il protone e l’elettrone emergevano invece formando un angolo tra loro, come se al decadimento partecipasse una terza particella invisibile. Questa particella doveva essere senza carica e senza massa. Nell’imbarazzante alternativa di abbondonare i principi di conservazione dell’energia e della quantità di moto, il fisico austriaco Wolfgang Pauli ipotizzò l’esistenza di una particella invisibile nel 1931. Fu Enrico Fermi  a battezzarla con il nome di neutrino per distinguerla dal neutrone, già noto.

La forza (forze fondamentali) responsabile dell’emissione β è l’interazione debole, così chiamata perché la sua intensità, paragonata a quella della forza nucleare, è di pochi millesimi di miliardesimo. Quando si verifica un decadimento β il numero di massa dell’elemento resta invariato, mentre il numero dei protoni aumenta o diminuisce di una unità e contemporaneamente diminuisce o aumenta di una unità il numero dei neutroni. Contemporaneamente all’espulsione dell’elettrone o del positrone, il nucleo, come ha spiegato Enrico Fermi, emette anche un neutrino, una particella molto difficile da catturare perché la sua massa è piccolissima, o addirittura nulla, ma indispensabile per il bilancio energetico del processo.

I decadimenti α e β sono in genere accompagnati anche dal decadimento γ, l’emissione di radiazioni elettromagnetiche particolarmente energetiche in grado di riportare il nucleo eccitato a uno stato di minore energia senza alterarne la natura.

sitografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/radioattivita_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/

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