Il principio d'inerzia
...Poichè il motore muove sempre qualcosa e attua il suo movimento in qualcosa e fino a qualcosa (dico "in qualcosa" in quanto esso muove nel tempo, e "fino a qualcosa" in quanto esso muove secondo una lunghezza di una certa quantità: sempre, simultaneamente il motore muove ed ha compiuto il movimento, sicchè il movimento si attuerà secondo una certa quantità e in una certa quantità)
Aristotele
Aristotele:
"Orbene: se tutte le cose mosse sono mosse o secondo natura o contro violenza e per violenza, e se quelle che son mosse per violenza e contro natura, sono mosse tutte da qualcosa, ossia da altro, e se, d'altronde, fra le cose mosse secondo natura, sono mosse da qualcosa tanto quelle che si muovono da sè quanto quelle che da sè non si muovono, come le cose leggere e le pesanti (infatti queste sono mosse o da chi le ha generate e fatte leggere o gravi, oppure da chi abbia eliminato gli impacci e gli impedimenti), allora tutte le cose mosse risultano mosse da qualcosa..."
Aristotele non ammette il moto senza il contatto tra la forza motrice (causa che fa avanzare o freneare il corpo)e l'oggetto. Nel caso del lancio di un sasso, per esempio, dove è facile vedere tale contatto solo nella fase iniziale, Aristotele individua nel mezzo in cui avviene il moto, il responsaboile del perpetrare della spinta. Le diverse porzioni di aria, di acqua, ...,messe in moto dall'oggetto, spostano a loro volta, le parti di aria, acqua,
..., vicine, che spingono il corpo in avanti, fino all'esaurimento del moto.
Inoltre, i proiettili si muovono ancora, benchè non li tocchi più colui che li ha lanciati, e si muovono o per reazione, come dicono alcuni, oppure perché l'aria, spinta, spinge a sua volta con un moto più veloce di quello spostamento del corpo spinto in virtù del quale il corpo stesso viene spostato verso il suo proprio luogo.
Nel caso dei moti naturali, si rifa al senso comune e sotiene che tutti i corpi pesanti cadono
verso il basso, verso il centro della terra, (che è centro dell'Universo) e tutti quelli leggeri salgono verso l'alto, verso il cileo della luna, perchè ciascuno va verso il suo luogo naturale. Tuttavia, egli comprende come questa tendenza ad assecondare la propria natura, sia propria degli esseri animati, ma non degli inanimati
Questi (i corpi leggeri e quelli pesanti), infatti, per violenza sono mossi verso i luoghi opposti, ma secondo natura verso i propri luoghi, il leggero verso l'alto, il pesante verso il basso. Ma da chi siano mossi non si riscontra ancora con la medesima evidenza con la quale ciò si riscontra quando sono mossi contro natura. In realtà, non si può dire affatto che essi si muovano da sè, perché questa è una prerogativa degli esseri viventi ed animati, e se così fosse, essi potrebbero anche fermarsi da sè
Si interroga, dunque, su...
La risposta alla domanda di quale sia la causa del moto naturale, Aristotele la trova nel patire, ovvero nel principio di mutamento che è in potenza in ogni essere, animato o inanimato che sia.
...Ebbene: proprio questo si sta ricercando, cioè per quale causa mai le cose leggere e le pesanti siano mosse verso il proprio luogo. La causa è che la natura le dispone in qualche luogo e che questa è l'essenza del leggero e del pesante, che l'uno sia portato verso l'alto, l'altro verso il basso. ... E' chiaro dunque, che nessuna di queste cose muove se stessa da sé. Indubbiamente esse posseggono un qualche principio di movimento, ma non del muovere né dell'agire, bensì del patire.
Come conseguenza di quanto detto finora, Aristotele afferma che in assenza di forze, un corpo sta fermo, anche se non si trova nella sua posizione naturale, a causa di qualche impedimento. Esso rimarrà in quiete fintanto che non interverrà una forza esterna che elimini l'ostacolo e gli permetta così di raggiungere il suo luogo naturale (moto natuarale) o, nel caso già ci stia, lo sposti da essa costringendolo, così, ad un moto violento
Galileo, "se su un corpo non agisce alcuna forza....."
SALV. Parmi dunque sin qui che voi mi abbiate esplicati gli accidenti d’un mobile sopra due diversi piani; e che nel piano inclinato il mobile grave spontaneamente descende e va continuamente accelerandosi, e che a ritenervelo in quiete
bisogna usarvi forza; ma sul piano ascendente ci vuol forza a spingervelo ed anco a fermarvelo, e che il moto impressogli va continuamente scemando, sì che finalmente si annichila. ….. Ora ditemi quel che accaderebbe del medesimo mobile sopra una superficie che non fusse né acclive né declive.
SIMP. … parmi dunque che e' dovrebbe restarvi naturalmente fermo.
SALV. Così credo, quando altri ve lo posasse fermo, ma se gli fusse dato impeto verso qualche parte, che seguirebbe?
SIMP. Seguirebbe il muoversi verso quella parte.
SALV. Ma di che sorte di movimento? di continuamente accelerato, come ne' piani declivi, o di successivamente ritardato, come negli acclivi?
SIMP. Io non ci so scorgere causa di accelerazione né di ritardamento, non vi essendo né declività né acclività.
SALV. Sì. Ma se non vi fusse causa di ritardamento, molto meno vi dovrebbe esser di quiete: quanto dunque vorreste voi che il mobile durasse a muoversi?
SIMP. Tanto quanto durasse la lunghezza di quella superficie né erta né china.
SALV. Adunque se tale spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimente senza termine, cioè perpetuo?
SIMP. Parmi di sì, quando il mobile fusse di materia da durare.
(Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze, Galileo)