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La seconda Rivoluzione industriale ebbe i suoi simboli

  • nell’elettricità

  • nel petrolio,

che gradualmente si sostituirono al carbone e alla macchina a vapore, e in una lega,

  • l’acciaio  

utilizzato per la costruzione di edifici e per la realizzazione di infrastrutture.

 

 

L’Inghilterra conservò il suo primato commerciale ma fu affiancata da altri paesi, come

la Germania e gli Stati Uniti,

che progressivamente diventarono i nuovi paesi guida dell’economia industriale mondiale, proprio nel momento del passaggio dalla prima alla seconda rivoluzione.

 

Come l’industria

  • tessile

  • cotoniera

  • laniera

aveva dominato la prima rivoluzione,

così l’industria

  • siderurgica (ghisa e acciaio),

  • chimica,

  • elettrica

  • meccanica

furono le protagoniste di questa seconda fase.

I grandi proprietari di industrie e banche formarono l’alta e ricca borghesia, nuova classe dirigente che in Europa affiancò e sostituì l’antica nobiltà.

La borghesia,

in tutti i Paesi investiti dalla rivoluzione industriale, tentò di ottenere il monopolio della produzione in un determinato settore, avviando la concentrazione delle industrie nelle mani di pochi  grandi proprietari, produttori dei beni.

La classe media ,

acquistava e utilizzava i prodotti delle industrie e costituì il principale destinatario della produzione in serie dell’industria.

 

I contadini e gli operai

furono gli altri gruppi sociali di questa “nuova” società, attirati nelle città per lavorare in fabbrica.

I progressi industriali migliorarono le condizioni di vita della classe media.

Il cibo più abbondante, grazie ai concimi chimici e alla meccanizzazione dell’agricoltura e meglio conservato, in seguito all’invenzione del frigorifero, fece in modo che la gente si nutrisse di più e in modo più vario.

I progressi della medicina permisero di curare meglio le persone. La durata media della vita si allungò e si abbassò il tasso di mortalità.

L’aspetto delle città europee, tuttavia, cambiò moltissimo: i lavoratori delle fabbriche abitavano nei quartieri periferici che erano nati intorno alle fabbriche (gli slums); le abitazioni operaie erano piccole, vi alloggiavano in tanti in condizioni igieniche molto precarie, fattori che favorivano il diffondersi di malattie, come il vaiolo e il colera. Erano anche quartieri pericolosi: incendi, epidemie, malavita ed alcolismo erano problemi all’ordine del giorno. Si fece sempre più evidente la distinzione tra centro e periferia.

Le persone si muovevano non solo dalla campagna verso la città, dove c’erano le fabbriche, ma anche da una nazione all’altra e da un continente verso un altro: le destinazioni furono dunque continentali, cioè europei che si spostavano verso altri paesi europei, e intercontinentali, dall’Europa verso altri continenti. L’emigrazione si intensificò moltissimo: tra il 1820 e il 1914 sessanta milioni di persone lasciarono i loro paesi, di cui 21 milioni tra il 1870 e il 1900. Verso la fine dell’Ottocento miseria, ricerca di un lavoro e speranza di una vita migliore furono le cause principali dell’intenso flusso migratorio. Fu un’emigrazione volontaria e non coatta, com’era successo agli africani ridotti in schiavitù e costretti a lavorare nelle piantagioni americane, o come nel caso della deportazione degli ebrei nel corso della Seconda guerra mondiale.

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